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Diaconi: costruttori di pace

 

Diaconi: costruttori di pace

di Gaetano Marino

La diaconia più alta si manifesta, nel servizio, nel dialogo, in un tempo come il nostro nel quale, difficilmente,  le persone sono disposte a venirsi incontro, in cui nonostante la facilità delle comunicazioni l’individualismo diventa sempre più espressione dell’uomo di oggi per cui il bisogno di trasmissione della memoria tra le generazioni non è più avvertito, come urgente e necessario. Il diacono, essendo totalmente inserito nel mondo, deve porsi come interlocutore  ed esercitare un servizio di recupero della dignità di ogni persona umana e della bellezza del creato per permettere la  ricostruzione di relazioni improntate sulla pacifica convivenza, tenendo presenti due punti:

- la dignità della persona umana per cui  il diacono deve lavorare su quegli elementi comuni (attenzione agli ultimi, ai piccoli, cultura, lavoro, ammalati)  che permettono di ritrovare anche l’identità religiosa;

- dare una maggiore attenzione alla bellezza del creato (e questo vale soprattutto per i diaconi della Campania, di cui io faccio parte, in riferimento al dramma della terra dei fuochi) e impegnarsi maggiormente per creare i presupposti per una migliore convivenza pacifica.

La dignità

La famiglia, in questi ultimi decenni, ha subito dei cambiamenti per cui è facile individuare elementi che contraddistinguono l’individualismo, a discapito dell’insieme: una scelta di vita che preferisce distanziarsi dalle persone, creandosi un proprio mondo. Certamente, potrei dire: “Ognuno sceglie il suo modus vivendi!” L’uomo è… patrimonio dell’umanità e gestisce il proprio tempo non solo per se stesso, ma partecipando alla vita degli altri, dando il suo apporto, confrontandosi. Oggi, diventa difficile stare insieme, è come se si fosse creata la necessità di tenersi lontano quanto più possibile dagli altri che possono condizionare la vita, per cui, non è un caso la crescente cultura di avere cani, gatti, ecc. nella propria abitazione, preferendoli  agli esseri umani perché non parlano, presentano solo pochi bisogni per vivere: ciò determina, ancor di più quella distanza, che a loro modo li rende liberi. Bisogna ricostruire un tessuto che con il tempo si è lacerato, che non abbiamo saputo conservare, preferendo rapporti asettici, distanti. La persona umana non può realizzarsi da sola, ma nell’ambito della società insieme agli altri. In questo, il diacono, pur  essendo un uomo che vive nel  sociale, è un consacrato per cui è chiamato in modo particolare ad  uscire dalle quattro mura parrocchiali e a farsi presenza per tanti.

Il dramma della terra dei fuochi ha molto da dirci: da anni  si bruciano rifiuti di ogni genere, gomme, plastica, materiali di scarti provenienti da lavorazioni illecite, residui radioattivi, chimici ecc. Lo smaltimento di rifiuti speciali prevede particolari trattamenti altrimenti può provocare l’insorgere di molte malattie e creare inquinamento nel terreno e nell’aria che difficilmente potrà essere eliminato. A questo si aggiunge lo sciupio di ingenti somme di denaro pubblicoper il risanamento di questo territorio che potrebbe essere  usato per altre priorità, specialmente in una Italia che ogni anno diventa sempre più povera per cui occorre educare la coscienza individuale e collettiva affinché tutti  si sentano realmente responsabili.

Credo che sia opportuno  per il bene comune puntare a ricreare una cultura, quale segno distintivo della nostra società, che indichi  come  comportarsi,  pensare, giudicare, percepirsi e percepire gli altri, fino a rendere  più umana la vita sociale  sia nella famiglia che in tutta la società civile: una cultura della difesa del territorio  che coinvolga tutti, che agisca severamente verso coloro che hanno fatto prevalere i loro interessi personali a danno degli altri. Poiché ogni malattia, se non viene curata bene  è contagiosa, credo che bisogna agire facendo leva sulla reale trasparenza di vita affinché tutti siano portati a riflettere su un’esistenza più sana. Bisogna anche dire che la terra dei fuochi è un problema del meridione che investe però tutta la nazione. E’ necessaria una seria  compartecipazione alla tutela del territorio con l’ausilio  dei mass media, delle scuole, delle parrocchie, delle associazioni, degli enti, delle famiglie, affinché si crei una forma mentale che generi il bene per sé  e per gli altri, considerando che il rispetto dell’ambente crea tutte le premesse del vivere meglio. Ognuno con il proprio impegno, con il dialogo e con la comunicazione  deve prendere coscienza che qualsiasi cosa facciamo per difendere l’ambiente deve coinvolgere tutti dal più piccolo al più grande,ognuno deve fare la sua parte e stare al posto che gli spetta, partecipando, responsabilmente, alla vita collettiva.

Il diacono può aiutare a vivere la cultura del lecito per salvaguardare il creato,   può sensibilizzare tanti in quanto ha la possibilità di essere presenza in diversi momenti della vita delle persone e, certamente, può risvegliare il senso civico.

*MARINO G., Diaconi: costruttori di pace, in Il diaconato in Italia, 212(2018), pp. 57-58.