Ministerialità Missionaria

*Ministerialità Missionaria

  di Gaetano Marino

  La vitalità e lo spirito evangelico di una comunità parrocchiale si misura dall’attenzione che essa offre agli ultimi, gli ammalati, gli anziani, i disadattati, gli emarginati… esprime se stessa quando si lascia coinvolgere nell’azione pastorale. “Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini di oggi, dei poveri soprattutto di coloro che soffrono, sono pure le gioie, le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo e nulla di genuinamente umano che non trovi eco nei nostri cuori. La loro comunità infatti è formata da uomini i quali, riuniti insieme nel Cristo e guidati dallo Spirito Santo, si sentono realmente e intimamente solidali con il genere umano e con la sua storia” (Gaudium et Spes, n.1).
Non si deve giungere al punto che gli ultimi bussino alla porta della parrocchia e “come Cristo percorreva tutte le città e i villaggi, sanando ogni malattia e infermità…così anche la Chiesa attraverso i suoi figli si unisce a tutti gli uomini di qualsiasi condizione, soprattutto ai poveri e ai sofferenti, prodigandosi volentieri per loro”(Ad Gentes, n. 12), così  si deve essere  presenti dove c’è un bisogno. La parrocchia è una comunità che incarna la Chiesa nel tempo, nello spazio e in persone concrete e “rappresenta in un certo modo la Chiesa visibile stabilita su tutta la terra”(Sacrosantum Concilium, n.42), ne scaturisce che la missione della Chiesa si rende presente e concreta nella comunità parrocchiale[1]. E’ nella comunità parrocchiale che si vivono i frutti dell’evangelizzazione e della cura pastorale degli ultimi come attuazione della missione affidata da Cristo alla Chiesa, e poiché la Chiesa  scopre  se stessa nell’azione pastorale, si edifica quando agisce e mentre agisce  costruisce, l’attenzione agli ultimi è un’opportunità da non perdere. Un vero e proprio servizio di fratelli ad altri fratelli. Il servizio è proprio del ministero ordinato, al diacono è affidata la diaconia cristiana, che si esprime e si identifica per il prossimo e il servizio ai fratelli[2], esso coinvolge anche il laicato[3], sarebbe un vero e proprio errore chiudere la Chiesa ai carismi e ministeri, suscitati dallo Spirito, carismi che possono diventare stabili, riconosciuti ed utili per la comunità e maturare ministeri[4]. I documenti del Magistero prospettano di istituire altri ministeri laici che trovino attuazione nella Chiesa[5].
E’ necessario che i ministri istituiti e di fatto continuino   la formazione[6], la spiritualità e la prassi pastorale a favore degli ultimi facendo capo al diacono, mentre il presbitero coordina, verifica e conferma. Il diacono animatore che aiuta i laici ad esercitare i propri carismi, collabora alla loro formazione umana e cristiana nella prassi pastorale, lì aiuta a fare esperienze concrete. Significativo potrebbe essere l’istituzione di un gruppo itinerante che favorisca forme di apostolato , di coinvolgimento, di preparazione, mediante incontri settimanali o mensili, per una riflessione, per una verifica di ciò che si è fatto, allo scopo di sensibilizzare la forza della parrocchia e del decanato itinerante[7].
La presenza del gruppo itinerante, formato da un’équipe di persone, è una forza che la Chiesa possiede a servizio degli ultimi,  è segno di progresso e di scientificità, la sua mancanza,  inevitabilmente, porta a trascurare l'incontro con i malati e i loro familiari, gli anziani, i diversamente abili, i disadattati, gli emarginati, l'animazione  di  gruppi  e  associazioni,  la  promozione  del volontariato. Una testimonianza di chiesa aperta alla speranza e alla salvezza, un’immagine di chiesa “tutta ministeriale[8] con un unico scopo, la crescita della comunità nella corresponsabilità che favorisca il dialogo, la conoscenza,  l'amicizia, un'apertura    specifica    che raggruppi, analizzi, discuta, formi progetti, un’apertura alle forme di povertà in modo che chi  è nel bisogno si senta soggetto attivo in comunità. La promozione di  piccole comunità che formano nella prassi pastorale la “comunione di comunità”, arrivando a “sollevare i presbiteri da funzioni e preoccupazioni che non sono proprie, contribuendo così a rendere più autentico il ministero presbiterale”[9], uscendo dal tempio, percorrendo le strade del mondo, incontrando l’uomo nella sua specifica e reale condizione di vita, toccando con mano le varie povertà prima nel fare e poi nel parlare.
Si pensi ad esempio alla malattia che  interrompe l'abituale ritmo di vita, mette in crisi i soggetti con il proprio corpo e con il mondo sociale, fa perdere o  modifica i ruoli professionali  e familiari,  procurando un  disorientamento  e spesso la perdita della propria identità. Durante la malattia si sperimentano limiti esistenziali, si entra in crisi, si è portati facilmente alla delega, ad affidare ad altri la conduzione della propria vita. Anche la fede viene messa in discussione. In questa stagione di prova, la Chiesa, pone la sua attenzione al sofferente, sa che egli desidera ricevere la “buona notizia”, l’annuncio[10]. In questo ambito si pensi in particolar modo  al ministro straordinario della sacra comunione e all’operatore di pastorale dei malati, che guidati dal diacono potranno esercitare il  “ministero dell’alleviazione” evitando di operare solo in momenti straordinari, rivalutando il ministero facendone vivere una spiccata sensibilità attraverso: colloqui personali, incontri comunitari, la preparazione per i momenti sacramentali, la preparazione alle celebrazioni liturgiche. In questa prospettiva, positiva potrebbe essere la celebrazione della messa in casa del malato. L'Actio pastoralis del 15.5.1969 dice: "tra i gruppi particolari per i quali è consentito celebrare l'Eucarestia si possono annoverare: i gruppi familiari riuniti attorno a persone malate o anziani, che non possono uscire di casa e che altrimenti non potrebbero partecipare alla celebrazione eucaristica[11]”. Per la celebrazione della messa potrebbero essere attuati alcuni accorgimenti: l’avviso al malato, con partecipazione dei familiari e coloro che assistono l’infermo, eventualmente dei vicini di casa, scelta di letture adatte e partecipazione libera alla preghiera dei fedeli. Quindi ci sarebbe un aspetto catechetico e un aspetto missionario. Il gruppo itinerante va a casa del malato: la preparazione alla celebrazione,  la sperimentazione del senso dell’accoglienza e dell’ospitalità, i momenti di incontro anche tra i lontani, persone che difficilmente si avvicinano ai sacramenti, tutto questo favorisce un’autentica comunità che si incontra e si riunisce per vivere l‘Eucaristia.

Un modello per una corretta prassi pastorale è l’esempio datoci da Gesù nella parabola del buon Samaritano in cui mette in evidenza la necessità di una carità continua, gratuita, senza diaframmi culturali o religiosi e lo fa utilizzando una serie di espressioni, come vedere, sentire compassione, farsi vicino, curare le ferite, prendersi cura…. Tutte queste parole diventano valori che evidenziano il modo di farsi compagno di viaggio di chi è nel bisogno.



[1] Cfr. GRANDI V., Accanto ai malati della parrocchia, Torino 1992, p. 7.

[2] Cfr. KASPER W., Diacono: una prospettiva ecclesiologica tra le attuali sfide nella chiesa e nella società, in Il diaconato in Italia, 108(1998), pp. 15-16.

[3] “La Chiesa è nata con il fine di rendere, mediante la diffusione del Regno di Dio Padre, partecipi tutti gli uomini della redenzione salvifica e per mezzo di essi ordinare effettivamente il mondo intero a Cristo. Tutta l’attività del corpo mistico ordinata a questo fine si chiama apostolato, che la Chiesa esercita attraverso tutti i suoi membri, naturalmente in modi diversi”.

Apostolicam Actuositatem, Decreto sull’Apostolato dei laici del Concilio Vaticano II,18 novembre 1965, n. 2;

“Nostro Signore Gesù Cristo…rende partecipe tutto il suo corpo di quella unzione dello Spirito con la quale è stato unto; in esso infatti tutti i fedeli formano un sacerdozio santo e regale… Non vi è dunque nessun membro che non abbia parte alla missione di tutto il corpo”.

Presbyterorum Ordinis, Decreto sul Ministero e la vita sacerdotale del Concilio Vaticano II, 7 dicembre 1965, n. 2.

[4] Cfr. MARINELLI F., Sacramento e ministero, tra teologia e pastorale, Casale Monferrato (AL) 1990, pp. 12-13.

[5] Cfr. CEI, Evangelizzazione e ministeri, 15 agosto 1977 n. 62.

Inoltre, va considerato che nella  Chiesa ci sono:

a)       ministeri ordinati (vescovo, presbitero, diacono);

b)       ministeri istituiti (lettorato e accolitato);

c)       ministeri di fatto (ministri straordinari della sacra comunione e catechisti).

[6] La Diocesi di Napoli offre ai laici diverse opportunità formative, con programmi di formazione del P.U.F. (Progetto Unitario di Formazione per Operatori Pastorali).

[7] Il diacono certamente non può fare tutto da solo, significativa è l’istituzione di una équipe formata da accoliti, lettori, ministri straordinari della sacra comunione, operatori di pastorale dei malati, semplici fedeli, che in comunione, diventino presenza e compagni di viaggio alleviando la sofferenza altrui.

[8] Cfr, URSI C., Chiesa tutta ministeriale. I ministeri nella Chiesa di Napoli, in Una vita in dono, Napoli 1981, pp. 145 - 188.

[9] CEI, La restaurazione del diaconato permanente in Italia, 8 dicembre 1971, n. 18.

[10] Cfr. MARINO G., I diaconi cappellani in ospedale?, in Il diaconato in Italia, 117(2001), pp. 17-18.

 

[11] Actio pastoralis del 15.5.1969, E.V.III, 1158-1172.

 

*MARINO G., Ministerialità missionaria, in Il diaconato in Italia, 132(2005), pp. 23-25.