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Formazione 29 Ottobre 2016 Relazione I

  

         Relazione del gruppo di lavoro n. 1

    moderato dal diacono Crescenzo Mazza

 

Dopo un’attenta riflessione di S.E. Mons. Acampa sull’identità del Diacono permanente, con la quale afferma, tra l’altro, che la nostra Arcidiocesi ha una grande potenzialità data dall’alto numero dei diaconi presenti (circa 300 diaconi), nonché cenni e riferimenti al Direttorio della vita del Diacono permanente del 22.02.1998, si chiede ai diversi gruppi di lavoro una riflessione circa l’identità, nella prassi e nel vissuto quotidiano all’interno della nostra Diocesi, del Diacono quale ministro della carità e annunciatore del Vangelo.
Il gruppo di lavoro, dopo aver condiviso e fortemente apprezzato l’intervento di S.E. Acampa, all’unanimità accoglie con gioia la metodologia proposta della condivisione di gruppo e, tra l’altro, auspica che possa essere realmente utile per delle più attente indicazioni nello svolgimento del ruolo ministeriale del diacono stesso.
Diversi diaconi partecipano la difficoltà, ormai storica, del fatto che si è poco valorizzati dai Parroci, e più in generale dai presbiteri, sul ruolo ministeriale che, di fatto, un diacono potrebbe svolgere all’interno della singola Parrocchia. A tal proposito è auspicio di tutti i componenti del gruppo che vi sia una più attenta formazione non solo ai giovani seminaristi (i preti di domani), ma anche ai presbiteri di oggi. Si riflette sul fatto che una mancata comunione tra i ministri del Vangelo in una Chiesa che è, prima di tutto, comunione, pone di fatto degli ostacoli affinché il popolo di Dio possa crescere ed essere unito, per l’appunto, dalla comunione fraterna.
A questo viene aggiunto che, in alcune circostanze, il ministero diaconale svolto dal singolo diacono vive una “trasformazione” in base al parroco nominato nella data comunità (cambia parroco, cambia il ministero diaconale in quella comunità).
Alcuni del gruppo di lavoro hanno suggerito che anche il diacono, come per tanti presbiteri, sia giusto non restare nella parrocchia di origine così da permettere una crescita ministeriale, nonché umana, anche in altre comunità, date le diverse esigenze pastorali, mentre altri (sicuramente in maggioranza) ritengono il contrario, non solo perché il diacono è espressione della preghiera della propria comunità, ma anche perché al cambio di parroco, di fatto, il diacono è memoria storica del vissuto della comunità parrocchiale, nonché, in diversi casi, punto di riferimento per i tanti collaboratori.
Viene anche evidenziato che molto spesso i diaconi non celebrano i sacramenti propri del ministero ma, sotto l’aspetto liturgico, vengono limitati a presiedere alle sole celebrazioni funebri. Questo chiaramente non vale per tutti i diaconi del gruppo di lavoro.
Tra l’altro nasce, man mano sempre più, una esigenza di confrontarsi con i presbiteri. Questo può sicuramente avvenire all’interno del presbiterio del proprio decanato, ma anche in incontri che il Vescovo potrebbe organizzare insieme, presbiteri e diaconi.
Dopo aver condiviso dette difficoltà nello svolgimento del servizio ministeriale, viene meglio individuato “l’identikit del diacono”, quale uomo del “silenzio”, “obbediente” ed “umile”.
Vari passaggi portano a far risuonare nel gruppo di lavoro la citazione di At 6,3 nella quale già viene tracciata l’identità stessa del diacono come uomo di buona reputazione, pieno di Spirito e di saggezza. Questa volontà degli stessi Apostoli, che nasce da un’esigenza della Chiesa primitiva, che è prima di tutto quella di lasciare, agli Apostoli stessi, spazio alla preghiera e al ministero della parola, traccia di fatto un ruolo ministeriale specifico, nonché proprio, per i diaconi.
Il diacono non può non essere, tra l’altro, uomo dell’equilibrio, dato i diversi uffici che è chiamato a vivere: famiglia, lavoro, sacramento dell’Ordine nella dignità del diaconato.
A tal proposito viene indicata un’immagine, che è quella di una bilancia a tre braccia, chiarendo che, come risulterebbe poco facile dare equilibrio ad un oggetto simile, così potrebbe risultare nella vita del diacono che, inevitabilmente, coinvolge tutta la realtà familiare.
Questo equilibrio non può che sussistere conducendo una vita di preghiera, partecipando all’Eucaristia (preferibilmente ogni giorno) e, come già indicato nella parte iniziale della mattinata S.E. Acampa, con la meditazione della Parola (tutti i giorni), perché ognuno si sforzi di viverla secondo l’insegnamento di Cristo. Per questo il diacono che desidera adempiere ai propri uffici, laicali (in quanto vive realtà secolari) e clericali (in forza del sacramento dell’Ordine che lo conforma a Cristo Servo e obbediente), è chiamato sempre più ad acquisire la forza spirituale dalla Parola di Dio, che resta fondamentale nella vita di ogni credente e, in modo particolare, del ministro di Dio.
Come gli Apostoli, però, indicarono un ruolo specifico per i diaconi, così potrebbe essere auspicabile che i diaconi, di fatto, oggi possano svolgere dei servizi ecclesiali propri e che, attraverso gli stessi servizi ecclesiali, possano riacquisire una identità diaconale specifica e ben definita. A tal proposito potrebbe essere utile indicare, da parte del Vescovo, compiti propri del diacono all’interno della comunità parrocchiale.
Infine è stato condiviso che tra gli stessi diaconi ci sia una maggiore comunione che, chiaramente, può e deve essere promossa a partire dai diversi Decanati.