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LO STATO DEL DIACONATO NELLA CHIESA ITALIANA

LO STATO DEL DIACONATO NELLA CHIESA ITALIANA
Prof. Enzo PETROLINO*
Diaconi per le Chiese in Italia
Descrivere lo stato del diaconato oggi in Italia, è un'impresa molto complessa, perché da una parte è necessario tenere lo sguardo sull’orizzonte concreto e ben definito della nostra realtà, collocandolo dunque in una stagione storica di grandi controversie politiche e socio-economiche e di nuove sfide etiche, sociali ed ecclesiali. Una realtà, la nostra, che ha bisogno di risposte concrete e diversificate, come di un migliore discernimento dei «segni dei tempi». Il terzo millennio dell’evangelizzazione, apertosi su un orizzonte umano frammentato e segnato da un forte individualismo anche religioso, ci spinge a formulare piani e criteri di servizio che siano innovativi, e contenuti pragmatici pastoralmente idonei ed efficaci: modalità relazionali, e strumenti operativi adatti, oltre che processi, verifiche e valutazioni adeguati alle esigenze del ministero diaconale, al fine di rispondere opportunamente alla missione della Chiesa nella società, sul territorio.
Trattandosi, dunque, di una riflessione che non può non tener conto della realtà in cui la diaconia sacramentale deve “incarnarsi” per essere espressione della diaconia di Cristo in mezzo agli uomini, perciò è necessario tenere presente il cammino della Chiesa italiana alla luce degli orientamenti che in questi anni l’episcopato ha maturato ed offerto alle nostre chiese locali.
Roma, Loreto, Palermo, Verona, Firenze: i cinque convegni della Chiesa italiana sono da considerarsi come momenti emergenti della ricezione del Concilio Vaticano II nel nostro Paese. Cinque convegni, cinque piani pastorali che hanno segnato il cammino delle nostre comunità nei decenni trascorsi dall’evento conciliare: «Evangelizzazione e sacramenti» (anni ‘70), «Comunione e comunità» (anni ‘80), «Evangelizzazione e testimonianza della carità» (anni ‘90), «Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia» (2000), e per decennio che sta per concludersi «Educare alla vita buona del Vangelo» (2010). Come è stato più volte osservato, senza le aperture e gli orientamenti del Concilio queste manifestazioni, che costituiscono l’originale “via” italiana, non avrebbero avuto luogo. Luci ed ombre hanno accompagnato il cammino ultraquarantennale della comunità cristiana nell’Italia del post-concilio, un percorso che ha evidenziato alcune questioni fondamentali, ancora oggi presenti, come quello di concentrare la pastorale sulla pratica sacramentale-liturgica.
Sulla scorta di tali acquisizioni, cominciava un cammino complesso del ministero diaconale, ancora in atto, che si è via via andato qualificando anzitutto come impegno nel discernimento e nella formazione. Nel descrivere, quindi, lo stato del diaconato in Italia rimane la difficoltà nella metodologia da adottare o negli aspetti ministeriali da privilegiare per restare il più possibile aderente alla realtà. Le statistiche vedono i diaconi raddoppiarsi negli ultimi quindici anni, in Italia ci sono più di 4.500 (più di 1.500 sono i candidati), distribuiti, in maniera quasi omogenea, su tutto il territorio nazionale con una presenza in ben 214 (94,27%) diocesi su 227 (solo 8 diocesi1 non hanno i diaconi) e una prevalenza nel Sud (37,26%; 37% al centro e al nord 25,68%)2. Inoltre l’Italia è il Paese europeo col maggior numero di diaconi e precede la Germania con 2.463, mentre nel 1997 la situazione era invertita (2.016 diaconi in Germania, 1.966 in Italia). Siamo terzi nel
1 Cuneo (Piemonte); Crema (Lombardia); Camerino (Marche); Acerra (Campania); Acerenza e Tricarico (Basilicata); Patti (Sicilia); Ozieri (Sardegna).
2 Altro dato: la disomogeneità della diffusione. Nove diocesi su dieci hanno da uno a 50 diaconi permanenti, solo tre ne hanno più di cento (Napoli, Torino e Reggio Emilia, le prime ad averli reintrodotti). I diaconi permanenti - come detto - hanno in media 59 anni; sposati, due figli, i più impiegati o insegnanti, laureati o con diploma di scuola media superiore, nella metà dei casi sono pensionati. Vengono soprattutto dalle parrocchie, in misura minore dall'associazionismo ecclesiale. Nella stragrande maggioranza i familiari - le mogli in primis- condividono il loro servizio. Nella percezione dei fedeli tale ministero «non è identificabile» con quello dei laici. La Chiesa italiana sembra essere passata «dall'ardore iniziale degli anni '70-80, contraddistinti da una forte tensione alla testimonianza e dalla diaconia della carità, ad una situazione globale più pragmatica e di attesa di eventi che permettano uno scatto ulteriore in direzione della profezia di una Chiesa che serve il mondo». La ricerca ravvisa nodi che «riflettono l'incertezza teologica che permane attorno a questo ministero, seguita dalla necessità di darsi modelli formativi e pastorali».