ANNUNCIATORI DELLA GIOIA DEL VANGELO

 

ANNUNCIATORI DELLA GIOIA DEL VANGELO

di Gaetano Marino

La chiamata alla vocazione diaconale deve presupporre tre elementi indispensabili: buona reputazione, spiritualità e saggezza. Secondo il magistero della Chiesa la condotta di vita deve determinare un riconoscimento in seno alla comunità ecclesiale, di persona super partes, capace di leggere secondo una logica sapienziale i fatti della  vita; la spiritualità richiede la perfetta concordanza della propria vita con lo spirito di Cristo; la saggezza intesa come conoscenza non solo intellettuale, ma come la capacità di dare sapore alle cose, di renderle appetibili agli altri.

Lo stesso servizio alle mense viene visto come la necessità di vivere la dimensione regale nella profezia e nel sacerdozio e  non semplicemente nell’assistenza materiale verso gli orfani, le vedove e gli stranieri. Il fare carità è luogo teologico dell’annuncio del Vangelo e del riconoscimento del volto di Cristo nell’ultimo. Questa particolare intuizione della dimensione caritativa è sottolineata biblicamente dal fatto che Stefano e Filippo sono ricordati dal libro degli Atti, anzitutto, per la loro opera evangelizzatrice. Questo vuol dire che il diaconato va vissuto alla luce di questa triplice dimensione,  evitando il prevalere di  una sulle altre, senza dimenticare che il terreno sul quale il ministero viene espletato è quello della dimensione temporale.    

Il ministero diaconale deve svolgersi con la gioia, essa è indispensabile all’annuncio perché la  Parola non è mia, mi è stata donata, affidata, e la chiamata al diaconato  mi porta a trasmetterla a quanti incontriamo nella vita. Essa deve essere presente in ogni azione, come tipico impulso per poter comunicare, incontrare le persone che devono avvertire la vitalità del messaggio, della testimonianza. Bisogna fare una piccola premessa per poter incontrare le persone, andare verso gli altri per comunicare l’amore di Dio che deve prima passare per me stesso: non posso trasmettere agli altri qualcosa se non l’ho prima recepita, amata, sofferta, vissuta fino a cambiarmi, altrimenti trasmetto un pensiero personale, mentre è necessario che venga trasmesso ciò che mi dice il Signore. Ed è proprio  la gioia del vangelo che mi porta a guardare gli altri come popolo di Dio, come fratelli e sorelle in Cristo: una dinamica che mi proietta verso tanti, pur ricordando che devo prima uscire da me stesso per  riuscire  a trasmettere realmente il dettato di Dio. E’ molto importante essere coinvolti lasciando un buon ricordo, certo il Signore farà la Sua parte.

Uscire da se stessi per incontrare tanti diventa segno reale di evangelizzazione, una vera missione che coinvolge, porta a cambiare fino alla necessità di chiedere a Dio quella forza di poter essere amico in Cristo di tanti. Certo, questa visione porta a cambiare tante cose, non solo nella vita del diacono e di chi si incontra, ma anche nella vita della Chiesa che è madre: tutto cambia se io cambio.

Questo coinvolge tutti, si pensi che il popolo di Dio si converte e trova la necessità di uscire da diverse impasse esistenziali per manifestare la cristianità che coinvolge: un movimento che fa vedere la realtà esistenziale in un’ottica più ampia. Le parole di Sua Santità, papa Francesco ci aiutano a vivere la dinamica dell’esodo e del dono attraverso l’incontro di sé: un cammino e un seminare che non possono essere sottovalutati, ma vissuti  nella consapevolezza che la gioia non si ottiene restando fermi, ripiegati su se stessi, ma si manifesta quando si vive l’incontro come donazione.

E’ auspicabile, quindi, un cammino diaconale che alla luce del dettato ministeriale porti a riflettere e di conseguenza a delineare un percorso che avrà certamente un’evoluzione programmatica per inserirsi in modo visibile in quei settori che presentano “segni” di bisogno: una presenza che alimenti risposte concrete.

*MARINO G., Annunciatori della gioia del vangelo, in Il diaconato in Italia, 209(2018), pp. 53-54.