Percorsi spirituali dei diaconi

Percorsi spirituali dei diaconi
di Gaetano Marino

La spiritualità del diacono non può non essere una spiritualità di comunione. Il diacono è chiamato ad agire insieme a tutte le componenti ecclesiali, non può sentirsi o dirsi separato, né superiore, anzi la spiccata sensibilità al servizio determina concretamente l’incontro con l’altro, soprattutto con il più disagiato ed emarginato, lo conduce proprio a quella esperienza di sinodalità che, come la parola stessa dice, significa camminare insieme, prima ancora che con le componenti cosiddette ecclesiali: parroco – sacerdoti – consiglio pastorale – con l’intero popolo di Dio con cui il diacono vive superando ogni tentazione intimistica ed individualistica, per cui anche la preghiera dovrà essere, anzitutto espressione di intercessione per e con il popolo, per sfociare in una vera vita di missione e di evangelizzazione, scevra da ogni rifugio privatistico.
Oggi, viviamo in un contesto storico che ci porta al fare, a sentirci gratificati e che coinvolge anche noi diaconi.
Non è la prima volta che i compiti assegnatici e le responsabilità che ne scaturiscono occupano tutto il nostro tempo a disposizione. Credo, che ciò con il tempo determini “un modus vivendi” che porta a soddisfare l’immediato con una falsa consapevolezza. Lo specifico del diacono è di essere espressione di un ministero che, partendo da sé coinvolge tanti: un segno dei tempi che spinge a partecipare alla vita di tanti che incontra sul suo cammino. Il fare - con il tempo - stanca perché porta ad affrontare molteplici cose, problemi che presentano varie priorità e allora si corre il rischio di entrare nel calderone “dell’attivismo” in cui nascono bisogni di autoaffermazione, per cui questa linea con il tempo fa perdere il “senso” della chiamata diaconale, in quanto porta ad una errata e superficiale concezione dell’essere diacono, che non è un servo delle mense, ma colui che nel suo specifico è chiamato a curare le persone per accompagnarle ad essere viva presenza coinvolgendo tutto se stesso con la comunità per sanare quanto è possibile.
Il diacono è ministro della chiesa che si fa serva dei poveri, che annuncia l’amore di Dio, che partecipa alla vita di tanti con gesti concreti, frutti di un amore che si esprime nel dono Più volte il pontefice ci ha trasmesso delle linee da seguire. Oggi, tanti si sentono smarriti e la cultura odierna porta sempre più a vivere aspetti personali non coinvolgendo gli altri, un fare da sé, un vivere “a modo mio”. Non dovrebbe essere così perché a lungo crea tanti ostacoli da superare fino a chiudersi in se stessi, allontanandosi dagli altri per vivere in uno spazio limitato, destinato alla chiusura alle necessità degli altri.
Preziose le parole del santo Padre “coltivare uno spazio interiore che conferisca senso cristiano all’impegno e all’attività”. Come Gesù amava mettersi in preghiera con Dio Padre, segno tangibile di comunione e partecipazione alla vita divina, così il diacono deve trovare tempi e luoghi affinché attraverso la preghiera possa partecipare alla vita degli altri, per cui la sua preghiera personale non deve essere circoscritta, ma manifestare l’amore coinvolgente di Dio.
La preghiera deve generare unione e serenità per iniziare un percorso che diventa missione. Per questo il diacono deve avvertire che la preghiera è il respiro di Dio in noi, una realtà talmente importante che non bisogna mai tralasciare, è necessario essere convinti che essa sia basilare nella vita cristiana. La vita è un percorso che ha bisogno di aprirsi e manifestarsi con la presenza degli altri, non è possibile vivere nel proprio cantuccio da soli, l’uomo non è solo, appartiene alla grande famiglia di Dio che è la Chiesa e qui dobbiamo riflettere e considerare che pur avendo un nostro carattere, abbiamo qualcosa che ci unisce, ed è proprio per questo che dobbiamo vedere le cose con una visuale più ampia; dell’esperienza passata nulla viene perduto, ogni cosa lascia una traccia che prima o poi viene fuori e riporta i suoi frutti.
La sensibilità al servizio richiede di credere che camminare insieme porta a conoscere tante realtà. Sono momenti difficili nella società e nella chiesa. Tutti siamo impegnati in questa santa missione ed è necessario che ognuno testimoni il suo credo nel luogo di lavoro, nella famiglia, nella società affinché tanti possano cambiare parere, mentalità rendendo più semplice l’inserimento in un contesto in cui ci siano nuove opportunità di vivere la stessa vita della chiesa, stare in linea con essa recependo il messaggio salvifico di Cristo che ci chiama ad amare, ad essere testimoni, ad aprire il cuore. Da quanto detto si evince che la fede non è un fatto personale, ma comunitario, senza la testimonianza perde l’essenziale, può portare solo ad una chiusura, ad una fede intimistica priva di valori.

*MARINO G., Percorsi spirituali dei diaconi, in Il diaconato in Italia, 213(2018), pp.51-52.