LO STATO DEL DIACONATO NELLA CHIESA ITALIANA - Pag. 10

fuoco che è capace - oggi come sempre - di illuminare la strada verso l’autentica umanizzazione. Se per i laici l’impegno nel mondo è un campo d’azione oltre che possibile anche doveroso, più articolata e complessa si presenta la questione per i diaconi, i quali, come segno dell’amore di Cristo soprattutto per i poveri e i bisognosi, sono costantemente chiamati a preoccuparsi del senso della vita dell’uomo in qualsiasi condizione egli venga a trovarsi. E qui si profila una sfida profonda e radicale. È in mezzo agli uomini che lavorano, soffrono, vivono la loro ricerca di senso, che il diacono è chiamato a testimoniare lo spirito delle Beatitudini e a rivelare con la sua presenza il Cristo-Capo di un mondo nuovo, tutto da costruire. È innegabile che per il suo essere “nel mondo”, impegnato su fronti difficili e chiamato a difendere il valore della persona “in situazione”, il diacono vive le tensioni di un continuo confronto con i conflitti inevitabili nel progredire della storia. Pertanto, Francesco ci invitata a recuperare le nostre convinzioni spirituali, nella forza della fede al Padre delle misericordie. Egli ci invita così a recuperare la forza dell'amore misericordioso. Bisognava essere coraggiosi per dirlo. E noi dobbiamo essere altrettanto coraggiosi per metterlo in pratica. Al diacono, tocca svegliare le comunità dormienti, ridare il gusto della ricerca, la fiducia in quello Spirito che anima i cuori dei cristiani e geme nel loro intimo. In particolare ci sembra necessario indicare almeno quattro mete per il diaconato di domani.
  1.  Riaccendere il gusto dell’essenziale. E qui intendo la passione per il “regno”. Quando la GeS fu scritta c’era un Concilio alle spalle che con chiarezza vedeva il “regno” al centro del messaggio di Gesù. Un “regno” da costruire fin d’ora, nella “carne”, nella concretezza della storia, tale che la vita di ogni uomo potesse avere il sapore della vita eterna.
  2. Uscire dalla “tranquillità” e dalla facili consolazioni. Spesso viviamo e svolgiamo il nostro ministero come se i tempi fossero tranquilli, normali e noi avessimo bisogno di una Chiesa normalizzata.
  3. Formare all’audacia della testimonianza avviando processi che abilitino ad essere evangelizzatori attenti, capaci di coltivare le domande che provengono dall’esperienza di fede e di andare incontro a tutte le persone animate da una autentica ricerca di senso e di giustizia.
  4. Promuovere il coraggio di sperimentare. Interessante a mio avviso che in ogni comunità cristiana si possa «costituire un piccolo drappello di diaconi del territorio, che non si perdano in ampollose analisi sociologiche o culturali, ma si impegnino ad incontrare le persone, soprattutto nelle periferie esistenziali dove l'uomo è marginalizzato.
Per dare questo ossigeno propongo cinque piste.
La prima pista. Prima di tutto è necessario riportare in luce, sempre di più e sempre meglio, la mediazione ecclesiale della diakonia. 
Tempi come i nostri – è la seconda pista - esigono che si faccia maggiore spazio ad una Chiesa evangelicamente, aperta al mondo. Il diaconato permanente nasce nel clima ottimistico di una Chiesa che prendeva le distanze dai “profeti di sventura” e scorgeva nella creazione e nella storia i segni dell'amore salvifico di Dio. 
La terza pista di un futuro volto del diacono è da cercare nella necessità che la Chiesa ha, nel mondo moderno, di “declericalizzarsi”. 
La quarta pista per cercare il volto del diacono del futuro è la riscoperta nella Chiesa di una opzione che si va facendo sempre più urgente: la “scelta per poveri”.
Un’ultima pista, la quinta. Se vogliamo smetterla di lamentarci soltanto della crescente disumanità che dilaga nel mondo, della violenza che diventa sempre più stile “ordinario” di vita, dobbiamo accogliere la sfida che rappresenta l’immane compito dell’educazione dei giovani. Nel documento dei vescovi italiani ON, si invitano i diaconi ad educare i giovani alla carità (siamo alle soglie dell’avvio del Sinodo sui giovani). 
Questi i tre gli impegni per il futuro:
- Un primo impegno: farsi promotori di fraternità diaconale secondo una creatività che partendo dalla Parola letta insieme, diventa quello che lo Spirito suggerisce alle Chiese.
- Un secondo impegno è un rapporto di comunione tra chiese. La comunione è il segno caratterizzante il discepolato, ma non solo: fin dai tempi di sant’Ignazio di Antiochia, essa era il